La città anonima? Un “Dardo Solare” a Levante della città

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Un anno dopo l’installazione della scultura

“Lo spazio architettonico come componente organica della vita, da usare per il controllo della vita” (Moholy Nagy)

L’iniziativa s’inserisce nell’ambito della valorizzazione degli spazi urbani.

E’ unanimemente risaputo quanto il recente sviluppo urbano delle città ha sofferto di una scarsa armonia nel rapporto uomo-spazio urbano. Problema emerso sempre più prepotentemente per diretta conseguenza del sistema economico, che tende a trasformare rapidamente il territorio, facendo attenzione unicamente al suo indice di fabbricabilità, per monetizzarne il volume e cancellandone segni e tracce della sua storia e della sua identità antropica e naturale. Negli ultimi venti trent’anni abbiamo assistito all’ampliarsi della città di Maglie anche oltre quel limite della linea ferroviaria che da nord a sud ha costituito, per quasi un secolo, un limite alla sua espansione verso est e che l’aveva così costretta a configurarsi in una  forma allungata e ordita lungo la direttrice dell’antica “via di mezzo”, oggi via Roma. Come tutti gli ampliamenti dei recenti tessuti urbani, periferie di scarso valore di vivibilità, non facilmente innestate al centro vitale della città, hanno sviluppato spazi e forme disomogenee, in una continua diversità con forte disvalore della qualità. Questi luoghi poveri di significato relazionale sono attraversati in fretta, con indifferenza, negano la dimensione urbana dei luoghi abitati perché non hanno tracce, segni del passato, soluzioni spaziali. Non sempre i volumi costruiti sono segno d’abitabilità né lo sono le dimensioni o gli ordini stilistici, spesso non si considerano i vuoti come segno essenziale dello spazio, il rapporto tra il pieno e il vuoto, le interrelazioni dei percorsi, l’interno e l’esterno, l’appartenere del luogo all’area, della località alla vastità.

Nella progettazione delle città ha avuto sempre un posto di rilievo l’Arte e riferendoci a Maglie è sufficiente citare il tracciato urbano di Via Roma. Ci limitiamo qui brevemente a leggerne lo spazio, il percorso,  solo enumerando i luoghi essenziali che ne strutturano l’articolazione  e che ancora orientano significativamente l’ingresso e l’attraversamento della città: da nord all’inizio è la maestosa Colonna con in cima la scultura della Madonna delle Grazie che accoglie il visitatore (originariamente, prima di essere sostituita all’inizio del ‘900, guardava appunto verso nord), proseguendo il percorso l’attenzione è focalizzata sulla facciata principale del Duomo, visibile di tre quarti, dando così efficace risalto al suo impianto barocco sinusoidale, e  continuando attraverso l’ultimo tratto di via Roma, l’antica Via di Mezzo, rettificata all’inizio dell’ottocento per renderla certamente più agibile e offrire un più ampia visuale, tra le quinte stradali, della Piazza A. Moro (già detta Piazza Municipio), e del Palazzo Municipale, d’impianto neoclassico su un’eccezionale partizione“aurea” del prospetto, e infine il polo  visivo ricade sul monumento a Francesca Capace, che prospetta verso la stessa via Roma accogliendo il visitatore. Il valore di questo percorso urbano di grande pregio artistico, storico e monumentale, ai tecnici e amministratori pare ancora oggi sconosciuto, considerato che nulla si fà per ristabilirne la sua preminenza spaziale urbana, nessun tipo di recupero alla fruibilità sia pure pedonale, considerato inoltre che su questa direttrice insiste da decenni un divieto di percorrenza ai veicoli nella direzione descritta. Questo è un dato che indica eloquentemente quanto sia auspicabile la collaborazione tra le diverse forme artistiche, la scultura, l’architettura e l’urbanistica, per determinare un’efficace progettazione urbana nelle sue variabili spaziali e in relazione col paesaggio antropizzato e la vita dell’uomo.[flagallery gid=17 name=”Gallery”]In quest’ottica l’espansione urbana recente è quella che più soffre d’anonimato in cui peraltro non sono trascurabili anche quei luoghi cosiddetti marginali ritagliati dalla logistica viaria. E’ il caso delle rotonde, ormai adottate su larga scala per una più funzionale strategia del traffico, “nuovi luoghi” che non assolvono altro compito se non quello da essere determinati come spazi di “risulta”. Su una di queste rotonde si è voluto intervenire, invertendo la pratica di abbellire le rotatorie con l’inserimento decorativo casuale di lavori artistici o di decorazioni floreali, ma progettando una scultura finalizzata al “luogo”, che si pone quale elemento d’unità espressiva  tra “luogo” e “area”, la sua percezione  spaziale unitaria che lo rende polarizzante ed emozionante e rende esplicita l’importanza di questo spazio di relazione. “La scultura sarebbe il farsi corpo dei luoghi che, aprendo una contrada e custodendola, tengono raccolto intorno a sé un che di libero che accorda una dimora a tutte le cose e agli uomini un abitare in mezzo alle cose.” (Martin Heidegger “L’arte e lo spazio”).

Questo tipo d’intervento si colloca nell’area a est del recente sviluppo urbanistico di Maglie delimitato dalla linea ferroviaria, lungo la strada per Otranto, sulla rotatoria del mega-parcheggio. La scultura “Dardo Solare” richiama l’interesse su quest’area, in grado di porsi come forte riferimento spaziale, mentale e visivo. E’ principio, asse polarizzante, segna il territorio, lo contraddistingue e lo identifica  quale “centro“, accentuato dallo sviluppo plastico ritmico ascensionale e costituisce il polo mentale e visivo di superamento della linea ferroviaria e di raccordo con il centro della città. Più ampiamente la scultura si pone nel solco del significato del “genius loci”, del “guardiano della soglia”, è richiamo ai segni antropologici del territorio salentino, contrassegnato dai megaliti che identificano i luoghi abitati, ne segnano i confini e ne proteggono “la soglia”.